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Orhan PAMUK,
Istanbul,
Einaudi, 2006
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L’autore, premio Nobel per la letteratura nel 2006, è un figlio
ingombrante per la Turchia che ha pubblicamente denunciato dichiarando ad una
rivista svizzera“: "Non lo dice nessuno, lo dico io: i turchi hanno ucciso 1.000.000 di armeni
e 30.000 curdi". Ha offeso la Turchità e i tribunali penali di
Istanbul per questo, hanno aperto un procedimento contro di lui in parte decaduto.
Eppure é un figlio
amoroso e lo dimostra in questo libro, che è un viaggio
nella memoria intrapreso dall’autore mentre si aggira tra i luoghi che gli sono
familiari (quante passeggiate diurne e notturne in Istanbul! ) e sfoglia
gli album di casa alla ricerca di immagini (quante fotografie nel testo e nel
libro!). Vuole ritrovarsi Pamuk, ma impara presto che non c'è ritorno: la
"dimora" è stata demolita ma sulle sue rovine si rinsalda la sua e la
nostra anima, in una soffusa malinconia condivisa con il lettore e suggerita dalle immagini in bianco e nero.
Che dire? E' un libro bellissimo che ti culla l'anima e racconta di
Istanbul, una delle più affascinanti città del mondo, con la passione enciclopedica
del collezionista e con l'amore di un figlio, proponendo al lettore una città
assai diversa dalle tante cartoline stereotipate. Chi ama questa città
straordinaria troverà in queste pagine una guida dell'essenza segreta e
nascosta di Istanbul, in bilico tra modernità e un passato grande ed
ingombrante. Chi non conosce Istanbul vi
troverà suggestioni e stimoli per sognare, progettare, affrontare – un giorno –
il viaggio verso questo luogo magico.
Isabella
Raccanello
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Orhan PAMUK,
Il mio nome è rosso
Einaudi, 2005
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Istambul nel 1591 la competizione
tra due miniaturisti e un’immancabile intrigo di palazzo, diventano un pretesto
per raccontare i contrasti tra modernità e contraddizione: Il sultano ha
commissionato un libro con miniature. I disegni devono essere fatti non secondo
la tradizione dei miniaturisti turchi, ma secondo lo stile occidentale,
conosciuto grazie ai contatti con Venezia. Il libro dovrà essere realizzato in
segreto: rappresentare con realismo, è considerato eresia. Il miniaturista non
deve disegnare il mondo così come è, ma platonicamente, così come lo vede
l’occhio di Allah. Niente prospettiva, nessuna concessione allo stile personale,
nessun segno di riconoscimento, nessuna firma sui disegni, e massima imitazione
dei grandi maestri del passato.Il romanzo inizia così: “Io sono il morto” con il miniaturista ucciso che in
prima persona ci parla dalla sua prospettiva di corpo ormai privo di vita che
giace in fondo a un pozzo. Anche tutti gli altri capitoli sono raccontati in
prima persona, ogni volta da una voce diversa, e quindi da un punto di vista
diverso. I personaggi principali ricorrono ovviamente con maggiore frequenza, ma
può accadere che in capitolo la voce sia quella di una moneta, di un disegno di
un cane, di un albero. O di un colore: appunto, il
rosso. Ne viene fuori un affresco di una
città ricchissima di cultura e di scambi con il mondo raccontata con un effetto
mosaico e Pamuk con grande maestria regge una trama dai molti fili, e riesce a
rendere a far convivere l’affresco storico con una descrizione dei sentimenti
molto attuale. Il personaggio di Sekure è veramente molto bello: esitazioni,
incertezze, repentini cambi di umore, paure, passioni, astuzie, l’amore per i
figli, il desiderio di sicurezza. Poche righe non sono sufficienti a spiegare
del tutto questo libro veramente affascinante. L’unica cosa da fare è
leggerlo.
Isabella Raccanello
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